Il peso del dominio nella SEO
by 20 Aprile 2016 10:12 2.8K views0
Ultimo aggiornamento 18 Giugno 2020
Quanto conta l’autorità del dominio rispetto all’attribuzione di ranking? Riflettiamo su alcune dichiarazioni che arrivano indovina un po’ da chi (e vai a capire perché).
Quando genti come John Mueller affermano che Google non lavora con la Domain Authority, non stanno mentendo, semplicemente non la dicono tutta.
Già nel mio messaggio di capodanno, parlo di una bella tendenza di Google, che da un po’ di tempo sta smettendo di premiare i siti trust, privilegiando i contenuti trust. A grandi linee significa che ciascuno di noi può ottenere buoni risultati di visibilità, pur senza avere a disposizione una fonte trust. In passato Google era più pigro di oggi e tendeva a privilegiare i siti web già noti per il loro valore, talvolta quasi indipendentemente dalla qualità dei contenuti che pubblicavano.
Oggi però, con l’aumento delle risorse di scansione di Google e con l’affinamento dei software che prendono decisioni, si riesce a uscire dalla dominanza stretta del dominio in favore dei buoni contenuti, delle buone strutture… della buona SEO.
Quindi i siti trust non contano più?
Il solito Mueller e i soliti SEO che appena da Google si dice una cosa, stanno tutti lì a prenderla per oro colato. Ma secondo te, perché Mueller dovrebbe fare un’affermazione simile? Cosa c’è dietro?
Il dietrologo che c’è in me, legge un’affermazione del genere come un invito implicito a non comprare più link da siti trust, ché tanto “Google non lavora con la domain authority”. E invece quei link spingono tanto, e spingeranno ancora per un pezzo. Insomma, il fatto che un contenuto possa posizionarsi indipendentemente dal trust del dominio su cui risiede, non significa che Google valuti i link dai siti trust allo stesso modo di come valuta quelli dai siti web meno autorevoli.
Giovanni Rana is back!
A Rand Fishkin sarà venuto un coccolone sentendo Mueller dire che la Domain Authority non viene presa in considerazione. Avrà pensato “ma come, uno si impegna tanto per avere un look dignitoso, col baffo di capecchio e il capello di tendenza, e arriva quest’ingegnere lardoso che sembra il figlio di Giovanni Rana a dire che le nostre metriche non vanno bene. Ma scherziamo?”
Intanto diciamo che Page e Domain authority non sono metriche di Google, ma per l’appunto di Moz, quindi suggerisco certo di tenerle in considerazione, ma sempre con beneficio di inventario, come per tutte le metriche che ci dicono quanto vale un sito web. Tutte.
Perché i siti trust sono trust?
Poi ci sarebbe anche da dire che le fonti trust non sono tutte “potenti” perché fanno imbrogli, ma spesso perché dietro ci sono investimenti importanti per creare strutture e piani editoriali imponenti. Non è che una ricetta mediocre si posiziona bene su GialloZafferano solo perché quel sito riceve 382.000 link, ma perché quel progetto è un gigantesco ecosistema di blog che dialogano tra loro, disegnando uno dei network di cucina più sviluppati al mondo.
Insomma, è sempre stata la struttura a farla da padrone. Niente vince contro un sistema di grappoli di contenuti interlacciati con una bella rete di link contestuali. Dentro uno schema così, i contenuti possono anche non essere un granché, ma se le correlazioni sono fatte bene, molto probabilmente i risultati arriveranno lo stesso. Alla base del trust c’è prima la struttura di un sito web, poi i link in ingresso.
E i contenuti?
Sì, nonostante quanto ho scritto prima, i contenuti possono fare la differenza, in alcuni casi anche in assenza di una buona struttura. Sono proprio queste eccezioni, queste contraddizioni, a farmi amare il mestiere della SEO. Un testo “figlio unico di madre vedova”, può sbaragliare siti trust strutturati da paura o pieni zeppi di link ingresso, semplicemente perché funziona meglio.
Vai a capire perché…