brand building, come curarla lato SEO
by 30 Agosto 2017 6:00 21.6K views7
Ultimo aggiornamento 19 Aprile 2024
La brand building è la capacità che ha un brand di “costruire la propria presenza” sul web. Non parliamo del solo concetto di awareness, ma della penetrazione di mercato più piena, che porta le persone a discutere, a menzionare un’azienda o appunto un brand. C’entra qualcosa con i motori di ricerca?
I motori di ricerca, Google in particolare, continuano a investire risorse per capire da un lato cosa vogliono le persone e dall’altro chi offre le migliori risposte attraverso prodotti, servizi o anche solo contenuti di approfondimento. Significativo lo studio di Edelman sui digital trends report per il 2017, che a pagina 25 inquadra il brand come un’entità centrale rispetto all’attribuzione di rilevanza nell’era Rankbrain. Le aziende dovranno impegnarsi per associare il loro brand alle risposte migliori possibili per le domande più frequenti e caratterizzate ad oggi dal rimanere interrogativi inevasi.
Rispondere meglio significa ascoltare il proprio pubblico di riferimento e proporre soluzioni specifiche a tutti i livelli, dalle politiche di prezzo a quelle di reso per gli e-commerce, passando per il customer service, fino ai “dettagli” della cura di un piano editoriale che comprende la ricerca dei topic più adatti e trasversali, senza tralasciare lo stile di scrittura. Uno strumento di ascolto è senza dubbio l’analisi netnografica di cui parlavo tempo fa.
Il tocco del brand
Un brand si distinguerà per il suo “tocco”. Non parlo dell’aspetto della signorina che troneggia in homepage (quello semmai è un altro tocco), ma dell’impronta particolare e unica che il brand saprà dare alla propria comunicazione, che ricordiamolo, non ha a che fare strettamente con le conoscenze tecniche: una cosa è la comunicazione di prodotti/servizi, un’altra sono i prodotti/servizi.
Una persona che fa un bon lavoro è apprezzata per la competenza, ma una persona gentile che fa un buon lavoro è infinitamente più richiesta… talvolta lo è anche quando non fa proprio sempre un buon lavoro. Insomma, in questo momento storico saper stare al mondo spesso conta più che saper fare. I brand non possono limitarsi a rispondere alle necessità degli utenti, ma devono farlo tenendo conto che parliamo di esseri probabilmente umani e incidentalmente non stupidi.
Le persone e il brand
Talvolta un brand si presenta in quanto tale, tal altra comunica con nomi e cognomi di amministratori, rappresentanti a vario titolo, influencer e qualunque altro soggetto in uno o più contesti associ il proprio nome al marchio. Se Google investe risorse per associare brand a query di ricerca precise, stai certo che si adopera moltissimo anche per capire chi dice cosa in ambiti diversi e chi lo fa con più o meno autorevolezza e cognizione di causa. In questo senso l’invito è certamente coinvolgere (anche semplicemente menzionare) quante più persone possibile siano a vario titolo legate al tuo argomento di interesse.
Cosa decide il posizionamento
Qualche giorno fa riflettevo sul fatto che un’Alessia Marcuzzi omonima della nota show girl, avrebbe difficoltà enormi a posizionare su Google un proprio blog personale per la chiave nome + cognome, sopra al sito web alessiamercuzzi.com. Questa difficoltà non è data dall’anzianità del dominio della Marcuzzi, non dal profilo di link ingresso, né da altri fattori tipicamente legati alla SEO, ma molto più banalmente dal fatto che chi effettua quella ricerca clicca “sempre” sul sito web della conduttrice televisiva. Quando le persone esprimono la loro scelta in modo così netto ed evidente, Google non può che limitarsi a prenderne atto e offrire visibilità organica a ciò che risulta dalle preferenze delle persone vere (non dei bot automatici).
Al di là dell’esempio Marcuzzi, se curassimo il sito web di un azienda che produce il miglior gelato artigianale dell’universo, basterebbe far percepire questo valore alle persone per aumentare da un lato le ricerche per chiavi di brand a cui Google è sensibile e dall’altro i click sul sito web per chiavi di ricerca precise legate all’ambito di interesse.
Google dà alle persone quello che pensa possano volere, finché non capisce quello che le persone vogliono davvero. In presenza di questo tipo di percezione, non c’è profilo di link in ingresso, non c’è anzianità e non c’è match esatto che tenga.
Se cerchi su Google “Selvaggia Lucarelli”, puoi vedere come la pagina facebook si posizioni prima del sito web ufficiale. Secondo te succede perché facebook ha più link in ingresso o perché le persone preferiscono seguire la Lucarelli su facebook?
Brand building e SEO
Lavorando all’ascolto per sviluppare tutti gli aspetti della comunicazione, ti troverai a frequentare blog, forum e in generale tutti o la maggior parte dei siti web in topic con il tuo. Non perdere l’opportunità di partecipare alle discussioni menzionando e facendo menzionare il brand, coinvolgendo altri attori già associati a quelle parole chiave. Un articolo come quello sui trends 2017 di Semrush è un buon esempio di come fare brand building coinvolgendo esperti di settore su tematiche vicine al brand.
Conclusioni
Puoi esserci come spammer sparando menzioni in co-occorrenza a raffica con i software, oppure puoi investire tempo e denaro per aumentare il valore della tua comunicazione. Alla lunga la differenza si vede, quindi per me quello che conta è esserci, ed esserci veramente. Ce l’hai la costanza di cominciare un lavoro così, o pensi non ne valga la pena?